Il fabbro
Un angelo intriso di peccato
non più dell’Empìreo né aureolato e senz’ali
inaspettatamente ti potrà apparire
nel vestito più comune degli uomini
Solo gli occhi
lo definiscono le pupille che attraversano
attendendo da te un cenno
Non siede alla destra di nessun Padre
ma alla tavola dell’amore
e sa
quanto gli uomini ne abbisognano;
e quanto i demoni nei loro abissi
abbiano così intricate forme
e la violenza che nessun inferno
riesce a contenere
Siede con disinvoltura
sul bordo e il cerchio dei folli
non più in cielo
ma direttamente nel golgota di ogni anima:
tende reti affinché logori cuori dai nervi fragili
possano impigliarsi e tocca ferite incolori
crudeli quanto il sangue
Sul sentiero delle ombre
lui così schivo della luce
è un oscuro scrivano che vorrebbe urlarlo
con la forza del vento la volontà della bufera
quanta ne spanda la sua scia
luminosa di bene