È sempre la pioggia pronta a suonare
È sempre la pioggia pronta a suonare
il suo magico tam-tam di pensieri
a gettare nel suo maliante umore acquatico
il mio passo più mesto: la terra raccolta
in un muto cappotto di silenzi
Si leva l’antico odore di fieno
e rinnova la stalla verde muschio
dove un bimbo vagabondo dall’anima lattea
canta la filastrocca e carezza l’animale…
Il possente dio del tuono scagliava lampi
e lui sussultava ancora umido di sogni nella notte
e pregava che non riuscisse un vento bellicoso
a ficcare le sue mani nelle imposte
La grigia coperta militare
e lenzuola non troppo spesso bianche
erano davvero grembo ritrovato
dopo il precoce abbandono
e caldo rifugio quando gli occhi diventavano
verdi fessure ombrose
La solita finestra piovata lo trovava
spesso ad aspettare il Bianco Vecchio Canuto:
quello che trascinava le stagioni
O forse era lo Zio Americano
che l’avrebbe strappato allo stretto camino;
della seggiola vuota nei giorni di freddo
uno dei Fratelli l’avrebbe raccontato:
se n’era andato con l’improvviso Parente
oltre lo sconosciuto ventaglio dei monti
Le foglie degli ulivi – ostriche d’aria –
offrivano mari di perle che scintillavano
al primo tintinnare del sole
e lui — il bimbo — che di tesori fertili
godeva solo l’illusione delle favole
si divertiva a farne acqua
scrollandone i rami e gocciandosi addosso…
Scuote una frustata di tuono
la culla dei ricordi
lo spartito cambia e diventa temporale
Mille mani nascoste sembrano applaudire
la mia improvvisa corsa
e il sangue pulsa braccato dal respiro:
la pioggia e l’anima – forse non sembra –
hanno lo stesso ritmo
e anche adesso si tendono la mano