Mentre giocavamo a carte
Marta me lo ridomandò
— Perché ci comportiamo così?
Spiegami ―diceva― dimmene la ragione —
E sempre con quella linea uguale:
triste increspatura della sua bocca
— Te l'ho già detto tante volte;
concludiamo la partita! —
			             Lei muta
continuava il suo vino mentre io lo rifiutavo
e le carte cadevano stanche come le nostre parole
Soffrivo per il mio piccolo amore
ma era inutile sciorinare
la mia spicciola psicologia  —irriducibile mania—:
suo marito orfano di guerra scontroso per vicissitudini
e lei figlia di bigotti austeri
I loro litigi arrivavano puntigliosi
precisi come cicli di luna
			           Ma
c'era un fiore sempre vivo
un fuoco disperato infine
a farli rincontrare

			        Finché non fuggì via
			        Lei
Marta della sopportazione
del dolce inferno consolato dal vino
Se ne andò con un silenzio uguale alle precauzioni prese;
ciò non di meno, fece molto rumore al paese:
molto più del suo treno di liberazione
Oltre ogni porta
		      Nei crocchi
di donne acide e uomini crudi
se ne parlò a lungo contro il tedio delle giornate;
più di uno aggiunse la sconosciuto particolare
Io piansi per la mancata confidenza
mentre lui “la bestia nera” “l'orso”
suo marito insomma
andava per strada con strafottenza
dando l'immagine migliore di sé
alla curiosità dei passanti;
la Fede la regalò:
		       che la voce volasse;
era il più libero degli uccelli

La mia amicizia si fece da parte con discrezione
mentre intanto arrivava l' autunno
a far dimenticare le verdi cose:
ognuno volle altre letizie pruriginose
per le sere accanto al fuoco
			               In pochi poi
seppero collegare quando accadde
l'improvviso cambiamento “dell'uomo che perse la moglie;
gli fuggì di casa Dio solo sa dove”
alla moglie che perse:
                              abbandonò
		          il sicuro impiego
                          impiegò i risparmi
per una modesta casa con un po' di vigna
		             Come un eremita
la barba sempre più incolta
il tempo lo passò a pensare o a non pensare
a dimenticare o a ricordare
—lo sguardo sempre troppo fisso all'altezza del cielo—
seduto nella comoda poltrona sotto la tettoia
Pochi anni per passare
come “il tipo strano” “filosofo” “un po' scemo”
capace di qualunque mestiere “poteva fare strada”

                                                Il suo cruccio era
			     la sua bianca strada
(ciottoli e polvere tormentata dal sole
fangosa e infida sotto i flagelli invernali)
che avrebbe voluto accomodare
— Non è spesa del Comune —

Come passano lente le stagioni
lontani dal rumore della vita
dopo aver tolto la cassetta postale
ormai completamente inutile
			               Subire
lui non passero furtivo di finestre generose
gli inevitabili legami della sopravvivenza:
fare una spesa frettolosa sotto il peso degli sguardi;
esser chiamato per osservarti meglio
ad aggiustare un lavandino o zappare la terra;
oppure scaricare un camion
con la sua muscolatura adatta
                                          Il suo viso
divenne l'eloquenza della maschera:
la donna gli lasciò in ricordo
la stessa triste increspatura che ben ricordo
mia tiepida amica

Un giorno di mattina presto
arrivò una gagliarda squadra di operai
Di mattina presto cominciò a rivestire la strada
come una sinuosa signora in una guaina nera
“L'orso” che non capiva fece qualche domanda:
— Il Comune non c'entra; tutto è già stato pagato
e non so proprio da chi —

E la strada
oh la strada che è lì dopo tre giorni
    Proprio come l'aveva desiderata
      alla sua sotterranea sorpresa
        e quella evidente dei passanti:
          nera e lucida come l'invidia.
          Rotolò ancora il tempo
          o scivolò come la pioggia sulla strada:
        come un dolce scivolo ne lisciava il dorso
     in preda al dubbio:
   come la sua mano sul suo gatto
Pareva in attesa quella strada
come il suo cuore
			        Potrete mai immaginare
                                          con quale trepidazione
un giorno; un altro qualunque anonimo giorno d'inverno
con quale pozzo inquieto di dubbio
con quale peso di speranza
con quale paura di disillusione
può percorrere una donna
“La donna fuggita!” “La sposa!”
la strada da lei fatta rifare
percorsa come verso un nuovo altare?
                                                     E potrete
potrete mai immaginare quale tipo di marea
gli percorse le viscere — a lui “l'uomo abbandonato”;
che perse la moglie o si fece perdere —
quale sentimento non fece parlare la sua bocca
non lo fece muovere dalla poltrona
respirando fra l'umida terra
un po' del suo nuovo profumo
occhi contro occhi
		           passato contro passato?
		           Il silenzio si nutrì di silenzio
e nulla venne pronunciato quando lei ridiscese
coll'ombrellino chiuso;
e non so dirvi se essa piangesse
perché le lacrime e la pioggia
non hanno diverso colore

                                   Cosa ci può essere
                                   in questa situazione?
In una situazione come questa
cosa ci può essere che le cambi dimensione
e dia significato alle cose più banali
e rafforzi quelle grandi già esistenti
se non il suo scatto dalla poltrona
come a un morso di dolore mai urlato
come una piaga percossa
bisognoso come una fame?
E la sua corsa giù per la vigna
imprecando
                incespicando
sicuramente piangendo
con le scarpe di grassa terra
raggiungerla
e gonfio d'affanno dirle
come glielo disse:
		         — Ostinarci,
Marta; dovremmo ostinarci ancora? —
Risalirono la strada nera
come una traccia sicura:
al riparo dal mondo
Un poco al riparo